lunedì 8 marzo 2010

El Secreto De Sus Ojos


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Il film di Juan José Campanella è sorprendente, perché capace di funzionare a livello superficiale come ottimo film di emozione purissima, ed è poi capace di narrarci altro attraverso il genere. Fa bene il regista a non considerarlo un noir, e anzi ad ammettere di usarlo per raccontarci sostanzialmente una storia d’amore. Ma oltre a narrarci di una storia d’amore “impossibile” (la storia tra Benjamín e Irene non è mai sbocciata), Campanella fa bene almeno un’altra cosa: pianta molto bene le radici del suo racconto, tratto dal romanzo di Eduardo Sacheri, nella storia dell’Argentina.

L’humus de Il segreto dei suoi occhi sta nella storia del paese, negli anni in cui saliva al potere Isabel Perón e la storia dell’Argentina andava incupendosi sempre di più: il regista è abile nel riuscire a trasmettere un clima sempre più claustrofobico e senza via d’uscita che si va pian piano stringendo attorno ai personaggi. E su questo terreno il film può costruire la sua trama, in cui un uomo solitario non riesce più a vivere il presente, è costretto a guardare al passato per poter costruirsi un futuro migliore.

“Lascia la porta aperta”, avvisa Irene ogni volta che Benjamín vuole parlarle in privato: ed è proprio la porta del passato che dev’essere in questo caso chiusa in modo definitivo. Il segreto dei suoi occhi è quindi un film sull’importanza e la necessità della memoria, e dall’altra un film in cui un passato non risolto può tormentare fino all’angoscia. Il rischio è sempre alto: tornando indietro per richiudere la porta c’è la possibilità di scoprire verità terribili.

Armato di un bagaglio tecnico ineccepibile (Campanella ha lavorato sì per il cinema, ma si è fatto le ossa anche con serial tv americani), il regista riesce a tenere in pugno lo spettatore con una grinta che attanaglia dall’inizio alla fine, con una padronanza del ritmo interno lodevole, permettendosi addirittura di giocare con la macchina da presa nell’incredibile pianosequenza ambientato nello stadio. Il suo sguardo è lucido e sapiente, perché narra la vicenda come solo un romanziere navigato sa fare.

Descrive i suoi personaggi con pochi dettagli, come nel caso del “folle” collega e amico del protagonista, Pablo, alcolista. Riesce a dare un significato anche alla questione stessa dello “sguardo”: non a caso Benjamín crede di aver individuato l’assassino da un suo sguardo stampato su una fotografia. E riesce a capirlo solo perché lo sguardo dell’assassino è uguale a quello che lui ha per Irene: “il segreto dei suoi occhi”, qui sta proprio il significato del bel titolo.

La stessa recitazione del cast, capitanato dal perfetto Ricardo Darín (qui alla sua quarta collaborazione con Campanella), dà una mano fondamentale alla riuscita complessiva dell’opera. Il segreto dei suoi occhi si rivela così un film stratificato e denso, in cui tutto sembra calcolato in ogni minimo dettaglio, e in cui tuttavia questa perfezione non raggela l’insieme, bensì serve a trasportare lo spettatore verso un colpo di scena finale agghiacciante che riesce a scuotere per davvero, in cui tutto il turbamento della trama cade addosso ai personaggi e allo spettatore in un colpo solo, come un pugno sui denti. Forse le porte del passato si possono chiudere, ma certi orrori e certi dolori non si possono mai dimenticare…

da Cineblog


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