giovedì 30 settembre 2010

Morales: Importante salvar vida de presidente Correa

Solidarietà con l’Ecuador, solidarietà con l’America latina di fronte al nuovo golpe.

1.49 (commento) Con lo stato d’emergenza proclamato da ore, se nell’ospedale è comprensibile che l’esercito non intervenga, com’è possibile che questo non eviti l’assalto a Ecuador TV?

1.47 Un gruppo golpista sta assaltando in questi momenti la televisione pubblica Ecuador TV. Che dice la SIP? E RSF?

1.30 Ministro della difesa Ecuador. Non possiamo più escludere il blitz militare per salvare la vita del presidente.

1.27 Dopo otto ore CNN ammette che Correa è sequestrato. Adesso manca solo El País di Madrid e qualche mediuccio italiano.

0.54 Secondo Jean Guy Allard a partire dal 2008, ma con precedenti di decenni, la CIA avrebbe penetrato la polizia ecuadoriana e a partire da quell’anno ci sono state ripetute denunce di corruzione di poliziotti ecuadoriani da parte della CIA.

0.44 Lenin Moreno, vicepresidente della Repubblica dell’Ecuador denuncia che c’è un tentativo di assalto alla sede centrale di Alianza País, il partito di Correa, nel centro di Quito.

0.36 Confermato un morto per mano di un poliziotto tra i manifestanti giunti a solidarizzare e liberale il presidente Correa.

0.26 La polizia starebbe occupando case intorno all’ospedale e predisponendosi a resistere continuando il sequestro del presidente Correa per la notte.

0.16 (1/10) Violenza golpista in Ecuador, intervista esclusiva da Quito per Giornalismo partecipativo

23.55 Vittorio Zambardino su Giornalismo partecipativo.

22.35 L’ambasciatrice statunitense alla OEA appoggia il governo Correa e condanna la violazione dell’ordine istituzionale in Ecuador.

22.31 Evo Morales (in viaggio verso Buenos Aires): “è un golpe contro l’integrazione latinoamericana e un golpe contro Unasur con l’appoggio degli Stati Uniti”.

22.23 Il vicepresidente dell’Ecuador Lenin Moreno: la cittadinanza sta andando a liberare il presidente ma la repressione golpista è sempre più dura.

22.19 Stato maggiore esercito ecuadoriano si dichiara leale con il governo Correa ma la situazione del presidente sequestrato dalla polizia è sempre più grave.

22.17 I presidenti democratici latinoamericani sono in viaggio verso Buenos Aires dove questa notte stessa si riunirà UNASUR per discutere di come arginare il golpe in Ecuador.

22.11 Golpista Lucio Gutiérrez: “Correa è difeso da guardie del corpo cubane e venezuelane”.

21.57 Presidente Hugo Chávez: “Ho parlato con Rafael Correa e mi ha confermato di essere sequestrato dalla polizia e di essere disposto a morire”.

21.43 Governo del Brasile: “totale appoggio al Presidente Rafael Correa e alle istituzioni democratiche equadoriane. auspichiamo risposta ferma e coordinata del Mercosur, Unasur e OSA”

21.40 Anche i governi di destra di Cile, Perù, Colombia, condannano energicamente il golpe in Ecuador.21.37 Iniziata a New York la riunione straordinaria dell’Organizzazione degli Stati Americani contro il golpe in Ecuador.

21.32 Continuano i lanci massicci di lacrimogeni che impediscono la liberazione di Correa ma sono segnalati anche scontri tra poliziotti leali e golpisti.

21.13 L’esercito ecuadoriano sarebbe leale a Correa ma la polizia impedisce il riscatto del presidente la vita del quale è a rischio.

21.07 Fitto lancio di lacrimogeni impedisce al popolo di avvicinarsi all’ospedale militare dove è sequestrato il Presidente Correa.

21.00 Prima dichiarazione del golpista e uomo della CIA, Lucio Gutiérrez: la fine della tirannia di Correa e vicina. Segnalati lanci intensi di lacrimogeni sulla folla che tenta di liberare Rafael Correa.

Gennaro Carotenuto

lunedì 27 settembre 2010

Assalto al Cielo - Concerto 24 Grana - 25/9/2010

Assalto al Cielo - Concerto 24Grana - 25settembre10 by a_de_beat

La festa di assalto al cielo per avviare il progetto di una tv comunitaria e no-profit sul digitale terrestre in Campania.

Radio Di Massa

E' ora di finirla!



Per 54 secondi la realtà ha fatto irruzione ad Anno Zero. Un operaio che sta per perdere il posto di lavoro ha fotografato il Paese. Un'istantanea di disperazione. "E' ora di finirla. State mangiando con i nostri soldi da quarant'anni. Qui si perde il post...o di lavoro. Noi si perde il posto di lavoro e voi passate il tempo a discutere della casa di Montecarlo... ma quale cazzo di casa... i miei figli hanno i vostri miliardi di debiti...". Cazzullo del Corriere della Serva, Bocchino, servitore fedele di Berlusconi per 15 anni, e Castelli di Roma Ladrona, hanno preso atto e continuato amabilmente a parlare della casa di Montecarlo di Tulliani, il cognato di Fini. "Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur", mentre a Roma si discute, Sagunto è espugnata. La frattura tra il Paese reale e la politica si è ormai consumata. La prima banca del Paese, Unicredit, è senza guida, milioni di disoccupati, il debito pubblico cresce di 100 miliardi di euro all'anno, la cassa integrazione sta per finire per centinaia di migliaia di persone, le aziende in fuga (delocalizzano...) dalla Fiat, alla Bialetti alla Omsa. Il crollo della produzione industriale, la più alta percentuale di giovani senza lavoro, le tasse più alte d'Europa e gli stipendi più bassi e i servizi peggiori. Le mamme si devono portare la carta igienica da casa quando accompagnano i loro bambini a scuola. Il Paese è fuori controllo, ma il pilota sta sorseggiando una tazza di tè con la hostess. Il Club dei Politici è sempre lo stesso, sempre uguale, si entra solo per cooptazione e anche le scissioni interne servono a rafforzare la stabilità del Club. Chi fa parte del Club ha la pensione dopo due anni e mezzo, un ricco stipendio, visibilità, finanziamenti pubblici. Si sta bene nel Club. La realtà fuori potrebbe entrare all'improvviso, da un momento all'altro, travolgere il Sistema, chissà se, almeno allora, se ne renderanno conto. Quando l'operaio incazzato entrerà in salotto.

MILANO: I FASCISTI DI FORZA NUOVA CACCIATI DAL MANZONI

Torniamo a parlare della cacciata dei fascisti di forza nuova dal Liceo Manzoni di Milano avvenuto sabato mattina. Ricostruiamo quanto avvenuto e cerchiamo di capire cosa si sta muovendo nella galassia della destra radicale milanese con il nostro collaboratore da Milano Franz.

VENEZUELA: VITTORIA ALLE PARLAMENTARI DEL PARTITO DI CHAVEZ

Il Psuv, Partido socialista unido de Venezuela del presidente Chavez, ha vinto le legislative di ieri nel paese dell'America Latina. Il Psuv ha battuto la Mud, Mesa de unidad democratica, una variegata coalizione che ospita sia gli storici partiti parafascisti della ricca borghesia di destra sia realtà socialdemocratiche unite dal desiderio di porre fine alla Rivoluzione Bolivariana. Al Psuv sono andati 95 dei 165 seggi disponibili, ottenuti conquistando 17 stati su 24; la Mud avrà invece 64 parlamentari. Restano ancora da assegnare 6 seggi, che dovrebbero andare in maggioranza a partiti alleati del Psuv. Per il Consiglio nazionale elettorale di Caracas alle urne si è recato quasi il 70% degli aventi diritto. Chavez mantiene quindi la maggioranza ma perde quella schiacciante dei due terzi dei seggi. Una soglia importante, quella del 66% dei voti, perchè ha consentito ai parlamentari chavisti di spingere sull'acceleratore della modifica in senso bolivariano dei poteri e delle istituzioni chiave dello Stato venezuelano. I media mainstream, El Pais in testa, hanno fatto leva proprio su quest'aspetto. A fare la differenza fra il voto del 2005 e quello del 2010, in realtà, è stato più che altro il comportamento della destra venezuelana, che cinque anni aveva boicottato il voto non presentandosi alle urne e aprendo così la strada al trionfo del Psuv. Chavez aveva comunque annunciato che puntava anche questa volta ad ottenere ai due terzi dei seggi, ossia quei 110 deputati per approfondire il suo progetto socialista. Il mancato cappotto elettorale costringerà ora il Psuv a fare i conti con il gruppo "anti-chavista" della Mud. La rivoluzione bolivariana entra quindi in una nuova fase, disponendo di una solida maggioranza, ma dovrà misurarsi -come tutti gli altri governi sudamericani del cambio- con una forza d'opposizione all'interno del potere legislativo. Il commento di Tito Pulsinelli, collaboratore del sito selvas.org

Hugo Chávez vince ancora in Venezuela



Al momento (3.30 ora di Caracas) i risultati assegnano al Partito Socialista Unitario (PSUV) di Hugo Chávez 96 seggi su 165 nel prossimo parlamento venezuelano. Al cartello delle opposizioni (il MUD, Tavola di Unità Democratica) vanno 64 seggi. A questi si aggiungeranno nelle prossime ore gli ultimi sei seggi. Vanno a partiti minori, almeno due ad un partito di sinistra, a rappresentanti indigeni o sono ancora in ballottaggio tra le due liste maggiori. L’affluenza supera i due terzi degli aventi diritto.

Se queste sono le cifre, la sensazione più importante è che il Venezuela ha vissuto l’ennesima tranquilla giornata democratica lasciandosi alle spalle la polarizzazione feroce degli anni 2002-2005. Tutti gli osservatori hanno rilevato l’estrema tranquillità con la quale il paese ha votato, la regolarità degli scrutini e il fatto che alle tre della mattina di Caracas ci siano risultati pressoché definitivi.

Anche se frastagliata ed eterogenea, e probabilmente incapace di restare insieme, l’opposizione è forte e può finalmente condizionare il governo, che non ha più la maggioranza qualificata, in parlamento. Lo scellerato boicottaggio del 2005 (indotto dal governo Bush e che puntava ad un rovesciamento violento di Chávez dopo il fallito golpe dell’11 aprile 2002) è alle spalle e in pace e democrazia tornerà ad essere rappresentata in parlamento così come governa già in alcuni stati importanti. All’interno della stessa opposizione, lentamente, stanno passando in seconda fila gli estremisti, quelli che hanno sempre puntato al rovesciamento violento del governo, a favore di politici duramente critici ma vincolati a rispettare i processi democratici che, loro malgrado, continuano a premiare la “rivoluzione bolivariana”. Chávez a parole continua ad essere “il demonio”, ma nei fatti queste elezioni hanno dimostrato che anche l’opposizione oramai ritiene possibile e prioritaria una dialettica democratica normale.

Al momento di chiudere questo commento non sono ancora disponibili le percentuali, ma il partito di Chávez vince o pareggia nella maggior parte degli stati e, a Caracas, elegge sette dei dieci deputati. Perde invece duramente in un paio di ricchi stati alla frontiera con la Colombia, lo Zulia e il Táchira, e nell’Anzoátegui. Se nei primi l’opposizione è stata sempre forte, il segnale dell’Anzoátegui non va sottovalutato perché il PSUV soffre per la figura abbastanza compromessa del governatore chavista, Tarek Williams. Ciò dimostra che, a parte il carisma del Presidente, gli elettori venezuelani discernono e castigano o premiano se necessario il partito di Chávez.

Perché vince Chávez, si domanderà allora il pubblico italiano? Dati come quello sulla riduzione delle disuguaglianze, la più forte al mondo secondo l’ONU, non fanno titoli sui giornali ma hanno significato in questi anni piccoli grandi cambiamenti in positivo per milioni di venezuelani che vivevano nel totale abbandono negli anni ’80 e ’90. Testimoniano che, se oggi la maggioranza del paese si riconosce nel progetto bolivariano, al di là delle critiche che possono essere mosse al Presidente e che tanto scaldano in Europa, è perché in questo trovano dignità e progetti che rendono migliore la vita dei più bisognosi.

Il PSUV, fondato nel 2007, alla prima prova con elezioni parlamentari, si è imposto come uno dei partiti più forti dell’intero continente. È una scommessa vinta dal Presidente Chávez, che supera la frammentazione dei primi anni di governo, quando il chavismo era un conglomerato di partiti e movimenti sociali. Il PSUV, però, non ottiene la maggioranza qualificata nel parlamento di Caracas e quindi non potrà più usare decreti legge senza trattare con l’opposizione. È probabilmente un bene perché riconduce anche il processo venezuelano a quella dialettica parlamentare alla quale sono stati sempre vincolati altri paesi, come il Brasile, l’Argentina, l’Uruguay dove i partiti di centro-sinistra al governo hanno sempre avuto a che fare con opposizioni responsabili.

Sono tutti paesi che, in questi anni, si sono mossi nella stessa direzione del Venezuela: rivalutazione del ruolo dello Stato dopo il neoliberismo dogmatico degli ultimi 30 anni del XX secolo, riduzione della disuguaglianza, integrazione latinoamericana. Tra una settimana si vota per le presidenziali in Brasile. Con ogni probabilità una donna ex guerrigliera, Dilma Rousseff, succederà nella continuità totale a Lula da Silva. Ed è questa, che piaccia o no, la cifra attuale dell’America latina.

Gennaro Carotenuto

domenica 26 settembre 2010

Terzigno: carica della polizia ai manifestanti anti-discarica - due feriti



Una carica della polizia travolge i manifestanti seduti all'imbocco della nuova strada dei rifiuti, nei pressi della discarica SARI a Terzigno. Due feriti, di cui uno colpito alla testa da una manganellata e l'altro finito per terra con una probabile frattura della gamba.
Questo il pesante bilancio della notte di protesta nel boschese.
La manifestazione era cominciata in modo pacifico, nonostante via Zabatta - la strada che percorrono gli autocompattatori per arrivare sulla discarica in località Pozzelle - fosse stata messa a ferro e fuoco, con diversi blocchi stradali improvvisati con pneumatici, lavatrici e massi divelti dalle muraglie dei campi circostanti.
I manifestanti, più di un centinaio, improvvisano un sit-in all'imbocco della nuova strada costruita per agevolare il conferimenti dei rifiuti in discarica. Il blocco pacifico viene forzato dagli agenti di polizia in assetto anti-sommossa. Da prima, alcuni manifestanti sono stati trascinati e rinchiusi nei cellulari delle forze dell'ordine. Quando gli autocompattatori sono giunti nei pressi della protesta, è cominciata - in modo assolutamente immotivato - la carica.
Ne è scaturita una sassaiola. Nella confusione. un giovane dentista è stato ferito al volto da una manganellata, scagliata con molta probabilità alle sue spalle. L'uomo, in evidente stato di confusione, ha detto di non essersi nemmeno reso conto che la polizia stesse caricando.
Un secondo uomo è caduto in terra, con una probabile frattura della gamba. Il cordone di polizia ha cercato di impedire alle telecamere presenti - tra cui quelle di Annozero - di riprendere la scena.
Dopo più di un'ora di ripetute cariche e di sassaiola, la protesta si è dispersa.
Grande l'amarezza della popolazione, quando da dietro lo schieramento di militare e guardie, si sono scorti diversi autocompattatori diretti verso la Cava SARI.
La carica della polizia è stata del tutto immotivata, non provocata, e tesa soltanto a sgomberare la strada. Sulla pelle delle persone si sta consumando l'epilogo drammatico dell'emergenza rifiuti. Che democrazia è quella in cui i cittadini sono attaccati da chi li dovrebbe proteggere?

da Cittadinigiornalisti

Ucciso il capo militare delle Farc


Il Mono Jojoy è stato ucciso, e con lui qualche decina di guerriglieri. Ma questi contano poco, il pezzo da 90 è lui, il Mono. Il capo militare delle Farc, fatto fuori da un’operazione degna di una guerra al “altissima intensità”, a cui avrebbero preso parte 60 tra elicotteri, aerei caccia, aerei spia, senza contare centinaia di Rambo, superarmati e superaddestrati.

Giubilo in Colombia. Dando per buona l’idea delle Farc come gruppo narco-terrorista, il Mono era il diavolo in persona, implacabile e sanguinario. “Ergo, la pace è più vicina” sono indotti a pensare i colombiani, ed è anche il tono delle news che per un giorno (poi del conflitto colombiano ci si dimenticherà) occupano i giornali.

Niente di più falso. Che la pace sia più vicina lo possono credere quelli che ritengono che in Colombia da mezzo secolo sia in atto un confronto tra democrazia e terrorismo. E lo possono credere quelli che ritengono che un conflitto che dura da mezzo secolo si possa risolvere con una vittoria militare, che vinca uno o che vinca l’altro. Da oggi ne sarà però ancora più convinto il governo Santos, che pure in qualche suo ministero appare diverso da quello Uribe (ad esempio, in quello dell’Agricoltura: l’attuazione del programma del neo-ministro toglierebbe alle Farc buone ragioni per esistere, ma c’è da dubitare che ciò potrà mai accadere). E il conflitto, che fa morti soprattutto tra i civili, andrà avanti. Morto il Mono, sarà sostituito da un altro, com’è stato sostituito Reyes due anni fa, il “ministro degli esteri” della guerriglia. Il colpo per le Farc è duro, ma cosa dimostra? Solo che anche in Colombia la guerra è sempre più asimmetrica, cioè che la distanza dei mezzi a disposizione aumenta di anno in anno. Tutti i grandi colpi inferti alle Farc sono stati attuati dall’aviazione (che le Farc ovviamente non posseggono) e dalla tecnologia nel campo delle comunicazioni. Quindi grandi bombe e grandi orecchie che tutto vedono e tutto ascoltano. Anche in Colombia. Come è stato in Irak, com’è in Afghanistan. Anche là ci sono “terroristi” e democratici, o meglio sanguinari barbari e importatori o spacciatori di democrazia, e anche là sono in atto “guerre asimmetriche”. Eppure quelle guerre le forze della presunta democrazia non le stanno vincendo. Anzi, al contrario sicuramente le stanno perdendo. La Colombia è un paese diverso, dove ad esempio, le televisioni stanno più o meno, come da noi, in ogni casa e baracca. E non come in Irak e tanto meno in Afghanistan, Le guerre moderne sono guerre di bombe, intelligence e propaganda. Nelle quali si vendono bugie e illusioni. Come si fa in queste ore. Ma le guerre di qualunque tipo si vincono a terra, conquistando veramente “il cuore e le menti” della popolazione. Cosa che in Colombia, soprattutto nelle campagne, nelle montagne e anche nelle immense miserabili periferie delle grandi città è ancora un obiettivo lontano dall’essere raggiunto per lo Stato centrale e il suo esercito, capace di operazioni come quello di ieri nel Meta, ma anche, ad esempio, della terrificante pratica dei “falsi positivi” (migliaia di innocenti uccisi consapevolmente per spacciarli per guerriglieri e guadagnare stima internazionale, promozioni, medaglie e licenze premio).

Guido Piccoli

da Gennarocarotenuto.it

Scontri tra antifascisti e Forza Nuova a Milano

Ieri a Milano i compagni hanno reagito all’ennesima provocazione di Fogna Nuova di fronte al liceo Manzoni ed hanno cacciato via i fascisti con i mezzi che hanno ritenuto necessari. A loro va tutta la nostra solidarietà e complicità. Dax odia ancora.

di seguito pubblichiamo il comunicato del Collettivo Politico Manzoni.

Il Collettivo Politico Manzoni, riguardo ai fatti accaduti oggi nei pressi dell’istituto poco prima dell’uscita degli studenti da scuola intende, con questo comunicato, chiarire la propria posizione.
Ciò che è successo oggi è la diretta conseguenza di continue provocazioni da parte dei neofascisti di Forza Nuova nelle nostre scuole e nella nostra città.
Il Manzoni, scuola che da sempre si basa sui valori dell’antifascismo, ritiene inammissibile che, in particolare nel mondo dell’istruzione, che ha il compito di formare i futuri cittadini, siano portate avanti politiche xenofobe, razziste e fasciste.
Oggi, come ogni volta che si presenta qualche camicia verde o nera fuori da scuola, abbiamo espresso il nostro rifiuto esponendo uno striscione che recitava “FUORI I FASCISTI DALLE SCUOLE”. Queste persone sono pericolose, ma protette ampiamente da una giunta e un governo della stessa pasta xenofoba, tanto che oggi, davanti al Manzoni, si sono presentati nemmeno con l’intento di volantinare.
Saranno presto organizzate altre iniziative pubbliche di informazione mirate a sensibilizzare le scuole e la cittadinanza milanese, richiamando i valori antifascisti che sono alla base di un paese democratico come quello italiano.
Il Manzoni è e rimane antifascista, non accetterà mai messaggi xenofobi, fascisti e razzisti.

Collettivo Politico Manzoni

da Militant

venerdì 24 settembre 2010

Venezuela: Domenica si rinnova il parlamento


Domenica 26 settembre si vota in Venezuela per rinnovare il parlamento. Sono 17 milioni le persone che dovranno recarsi alle urne e decidere se confermare o meno la maggioranza attuale, quella del partito socialista unito del Venezuela (Psuv), guidato dal presidente Chavez al potere da dodici anni. Nelle precedenti elezioni parlamentari del 2005 l'opposizione di destra aveva di fatto boicottato le elezioni. Quest'anno la strategia sembra cambiata, dato che le diverse anime antichaviste si sono unite con la speranza di poter ribaltare la rivoluzione bolivariana lanciata da Chavez. Di seguito vi proponiamo la trasmissione realizzata con Alessandro Grandi, della redazione di Peace Reporter e Tito Pulsinelli, nostro corrispondente del Venezuela.

Chiudono i cantieri navali di Castellamare!?



Ecco cosa è successo negli anni '80 quando iniziarono a chiudere i cantieri nei Paesi Baschi...

Cartoline Dall'Italia - Souvenir di un Paese - Medley 99 Posse



di DANCERFORLOVE

Medici cubani ad Haiti - La solidarietà taciuta



da CubainformacionTV

giovedì 23 settembre 2010

L'intervista di Larry King a Mahmoud Ahmadinejad sulla CNN

E’ appena andata in onda sulla CNN l’intervista di Mahmoud Ahmadinejad realizzata da Larry King, in occasione della visita annuale alle Nazioni Unite del presidente iraniano. Contrariamente a quanto avvenuto l’anno scorso, quando King aveva intervistato Ahmadinejad cercando di restare super partes, in questa occasione il conduttore della CNN ha scelto di indossare chiaramente i panni dell’americano, attaccando il presidente iraniano in modo diretto e univoco, su tutte le questioni più importanti attualmente in discusione. In questo modo ha permesso ad Ahmadinejd di ribattere colpo su colpo, finendo per non concedere a King nemmeno un punto in tutta la partita.

Quando King ha chiesto di trattare in modo compassionevole i “turisti” americani che erano sconfinati per sbaglio in Iran un anno fa, Ahmadinejad ha risposto che la sicurezza nazionale viene prima di ogni altra cosa, e che gli Stati Uniti non si sarebbero certo comportati in modo diverso dal loro, in un caso simile.

Quando King ha chiesto notizie su un agente dell’FBI scomparso tre anni fa in Iran, Ahmadinejad ha risposto con tagliente ironia che “dovrebbe essere l’FBI a fare più attenzione a dove vanno a finire i suoi uomini.”

Quando King ha detto che “il mondo è preoccupato per la possibilitò che l’Iran venga in possesso di armi atomiche”, ...

... Ahmadinejad gli ha chiesto “che cosa intende esattamente, per ‘il mondo’?” E poi ha aggiunto, con il solito sorriso sornione: “A me risulta che il mondo sia molto grande, e che ci siano moltissimi paesi che non solo non si preoccupano affatto di questa eventualità, ma che vedono addirittura con favore lo sviluppo pacifico dell’energia atomica in Iran”.

Costretto a ridurre la sua definizione di “mondo” a Stati Uniti ed Israele, King si è sentito rispondere “E perchè mai noi dovremmo farci carico di tranquillizzare questo signor Netaniahu? Chi è costui, per meritare così tanta attenzione da parte nostra?” E poi ha aggiunto: “Anzi, a quel che ne so io Netaniahu è un criminale professionista, che ha uccisio decine di migliaia di civili innocenti, e che andrebbe processato davanti ad un tribunale internazionale. Invece voi siete qui a chiederci di farlo dormire tranquillo di notte”.

E quando King ha provato ad insistere sulla faccenda del rischio atomico, si è sentito rispondere che “la bomba atomica è l’arma più orribile di questo mondo. Non solo l’Iran non ce l’ha e non intende costruirla, ma bisognerebbe piuttosto disarmare al più presto chi la possiede, ovvero gli Stati Uniti e Israele. Sono loro a mettere per primi a repentaglio la sicurezza mondiale, mentre accusano gli altri di farlo.”

King a quel punto si è salvato in angolo, chiamando la pubblicità.

Nel segmento successivo King ha deciso di attaccare Ahmadinejad sul fronte dei diritti umani, accusandolo di non permettere le libere proteste in Iran. Per tutta risposta Ahmadinejad gli ha ricordato che poco tempo fa, a Pittsburgh, la polizia ha selvaggiamente caricato i dimostranti che protestavano contro il G8. “E lei mi vorrebbe dire – ha chiesto Ahmadinejad alla fine - che in America invece c’è la libertà di protestare?”

“Ma noi non li mettiamo in prigione!” ha provato a replicare King. “Ah no? – lo ha deriso Ahmadinejad – mi vuole forse dire che gli oltre 2 milioni e mezzo di cittadini attualmente in prigione in America sono tutti assassini, criminali o spacciatori di droga?”

A quel punto King ha pensato bene di ripiegare su quello che riteneva il suo asso nella manica, ovvero la famosa donna iraniana condannata alla lapidazione, ma anche in questo caso gli è andata male. Ahmadinejad gli ha risposto serafico che “prima di tutto la condana definitiva non è ancora stata emessa. In secondo luogo, quella della lapidazione è una storia falsa, inventata di sana pianta da un giornalista tedesco, e ripresa subito da tutti i media occidentali.”

Che fosse vero o no, King non ha saputo replicare, e anche in questo caso ha invocato la pubblicità.

Il terzo round è stato dedicato da Larry King ai rapporti con gli USA e alle sanzioni internazionali. Alla frase di King “Hillary Clinton ha detto che l’Iran sta soffrendo pesantemente per le sanzioni internazionali”, Ahmadinejad non ha saputo trattenere una mezza risata, e ha risposto che loro sono talmente abituati alle sanzioni, che incombono sull’Iran da circa 30 anni, che ormai non ci fanno più caso. “Anzi – ha aggiunto Ahmadinejad – tutte queste sanzioni hanno finito per stimolare la nostra fantasia, portandoci a trovare soluzioni sempre più nuove e produttive per la nostra economia. Piuttosto – ha aggiunto, diventando improvvisamente serio – mi spiega perchè gli Stati Uniti si permettono di applicare all’Iran sanzioni molto più gravi di quelle autorizzate ufficialmente dalle Nazioni Unite? Tutto questo non è illegale forse?”

Pubblicità.

L’ultimo round non poteva che essere dedicato ad Israele, e King è partito all’attacco, dicendo ad Ahmadinejad che “Fidel Castro di recente l’ha criticata per non saper riconoscer il giusto ruolo dell’antisemitismo nel mondo”.

“Guardi – ha replicato Ahmadinejad serafico – proprio ieri ho ricevuto un messaggio da Fidel Castro, il quale mi diceva che di non aver mai pronunciato quella frase. Le sue dichiarazioni sono state completamente distorte, come al solito, dalla stampa occidentale”. Mentre King barcollava, Ahmadinejad ne ha approfittato per contrattaccare: “Piuttosto, mi dica lei, perchè gli Stati Uniti continuano a proteggere e ad aiutare in modo così plateale lo stato di Israele?"

Fingendo ovvietà, King ha risposto: “Perchè sei, sette milioni di loro sono stati uccisi durante l’olocausto, noi siamo un paese umanitario, e li vogliamo aiutare”.

“Ah sì? – ha replicato Ahmadinejad con sarcasmo – davvero quello è il motivo? Allora lei vuole dire che, poichè è appena stato ucciso un milione di iracheni, i sopravvissuti hanno diritto di venire ad esempio in America, e costruire qui la loro nazione?”

King non sapeva più dove aggrapparsi, ma Ahmadinejad non gli ha dato tregua, aggiungendo: “Durante la guerra, se è solo per quello, sono morti 80 milioni di persone. Questo vuol dire che dobbiamo dare una terra a tutti i sopravvissuti di tutte quelle nazioni?”

Insomma, non c’è stato modo per l’esperto giornalista di portare a casa un solo punto per la sua “nazione”. Anzi, talmente esperto è Larry King, e talmente brutta è stata la figura che ha fatto con Ahmadinejad, che viene quasi il dubbio che l’anziano “Mr. Bretella” abbia deciso di immolarsi volontariamente, pur di permettere ad Ahmadinejad di dire cose che nessun altro al mondo ha il coraggio di dire. Lui compreso, probabilmente.

Massimo Mazzucco

da Luogocomune.net

Gli operai della Fincantieri ad Annozero

giovedì 16 settembre 2010

lunedì 13 settembre 2010

Violenza ovunque in America latina

I media scoprono periodicamente che il peggior vulnus nel Venezuela di Hugo Chávez è non aver saputo affrontare la violenza endemica di una società caotica. E così picchiano duro, soprattutto adesso, in campagna elettorale, facendo intuire perché proprio ora si interessino di violenza a Sabana Grande o perché un morto ammazzato a Chacaito faccia più rumore di dieci o cento cadaveri a San Pedro Sula o a Medellin. L’uso politico dell’informazione sulla violenza contribuisce ad occultare l’uragano che sta mettendo il piombo nelle ali ai molti successi latinoamericani dell’ultimo decennio.

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NO TAV: 6000 PERSONE IN CORTEO SABATO SCORSO

La lotta contro il ponte sullo Stretto fa il paio con quella No Tav della Val di Susa, tornata in auge nel fine settimana. Sabato scorso più di 6mila persone sono scese in corteo lungo il cammino delle Gorge, che unisce gli abitati di Chiomonte e di Giaglione. Obiettivo dalla manifestazione: scoprire e indicare i terreni in cui si svolgerà la madre di tutte le battaglie del popolo No Tav, ovvero l'opposizione contro la costruzione del "tunnel di base", sventata nel 2005 a Venaus, ora riproposta in località Maddalena. Da sottolineare anche il dato politico emerso dal corteo, che ha visto nuovamente riuniti amministratori locali e movimento No Tav. La mobilitazione proseguirà anche nelle prossime settimane, come ricorda nel prossimo servizio Alberto Perino, storico militante e portavoce No Tav.

Venaus - Ascanio Celestini 24 Luglio 2010

Chiomonte, marcia No tav 11 settembre 2010



6000 persone in marcia da Chiomonte a Giaglione, contro l'alta velocità.

Berlusconi in Galera (coro stadio di Cesena)



milan 0 cesena 2

Snack: Matrimonio in crisi



domenica 12 settembre 2010

sabato 11 settembre 2010

Contestazione alla Gelmini alla festa del Pdl a Bologna.



Contestazione alla festa del Pdl a Bologna. La Gelmini avrebbe dovuto intervenire dal palco di piazza XX settembre ma come al solito ha preferito non affrontare le contestazioni che ovunque il mondo della formazione in lotta sa preparare per lei. Con o senza Gelmini la contestazione c'è stata.

Infoaut.org

venerdì 10 settembre 2010

Torino 20/09/2010: Gli operai di mirafiori commentano la contestazione a Bonanni



Dopo le contestazioni a Bonanni di mercoledì scorso presso la festa del partito democratico, una delegazione di precari, lavoratori e studenti protagonisti della giornata si è recata presso i cancelli 2 e 20 di Mirafiori per sentire la viva voce degli operai su quanto accaduto due giorni prima.

http://www.infoaut.org/articolo/torino-le-voci-di-mirafiori

CONTESTAZIONE A BONANNI: CONFRONTO SU RADIO ONDA D'URTO TRA LORIS CAMPETTI (IL MANIFESTO) E GIANLUCA (CS ASKATASUNA)

Questa mattina il quotidiano il manifesto ha pubblicato un corsivo in prima pagina dal titolo "il fumo e l'arrosto" nel quale definisce "stupido" l'atteggiamento dei contestatori di Bonanni ieri a Torino, sostenendo che . in questo modo "si è santificato l'avversario, costruendogli intorno una solidarietà più ampia del consenso alle sue politiche". Abbiamo quindi messo a confronto ai nostri microfoni Loris Campetti, il giornalista autore dell'articolo, e Gianluca, compagno del centro sociale Askatasuna di Torino.

giovedì 9 settembre 2010

Centro Sociale Askatasuna sulla contestazione a Bonanni

Contestare qualcuno è legittimo, alla festa del Pd come in qualsiasi altro luogo. Se poi la festa si tiene in una piazza, libera e di tutti, lo è ancora di più.

Se quel qualcuno è Bonanni, è giusto persino di impedirgli di parlare. Le prese di posizione che trovano spazio sui giornali e sui tg di ieri e oggi lasciano alquanto dubbiosi per le categorie che si utilizzano (attacco violento, squadrista, ritorno agli anni di piombo) e per le soluzioni (isoliamo i violenti, abbassiamo i toni). Non appena accade un fatto si apre il circo della politica, quello che foraggia i Bonanni e i Letta, quello dei salotti televisivi, quello del volemose bene.

Bonanni è il responsabile di quanto sta avvenendo nel nostro paese con la Fiat e più in generale nel mondo del lavoro. E’ la sponda certa per Confindustria e Governo su qualsiasi argomento. Il sindacato che rappresenta si permette di estromettere un altro sindacato dalla contrattazione e dalla rappresentanza nonostante abbia più iscritti del suo. Quelli come Bonanni sono tra i tanti responsabili delle condizioni di vita e di lavoro che vive la gente, rappresentando gli interessi di chi non ne ha bisogno a discapito di chi lavora.

Togliere la parola a qualcuno non è una cosa così fuori dal mondo, del resto a quanti è tolta parola (e dignità) tutti i giorni per le scelte dei vari Bonanni? I senza voce sono quelli (metalmeccanici o meno) che possono solo subire una vita di ricatti, che gente come “il nostro”, avvallano e perpetrano,. Zittirlo è legittimo punto e basta.

Ora sui motivi della contestazione non entriamo neanche nel merito parchè sono così tanti e chiari che ci sembra di offendere chi legge. Sui modi possiamo spendere qualche parola perché chiamati in causa più volte e nelle maniere più fantasiose. I centri sociali non sono un’entità fuori dal mondo, estromessa dalla quotidianità, con soldati pronti a combattere la prossima battaglia. Sono luoghi dove trovano spazio tutti, lavoratori, studenti o disoccupati che siano, e in quello spazio, non solo fisico, si confrontano ed esprimono le tensioni di questa società. A differenza dei partiti, i collettivi e le soggettività che trovano spazio nei centri sociali intendono la democrazia come una pratica di partecipazione diretta, senza mediatori, senza rappresentanze. I “democratici”intendono la democrazia come un insieme di regole e norme alle quali far sottostare i governati, estromettendose ne ed elevandosi a rappresentanti di tutto e tutti. La politica per noi non è un posto di lavoro, non è una carriera alla cui aspirare, è un mezzo per mettere in pratica i bisogni collettivi che questo sistema nega con tutti i mezzi che ha disposizione. Così è normale che vadano anche i centri sociali a contestare Bonanni, perché essi sono la voce di quanti non ce l’hanno, e a differenza dei partiti, senza voler rappresentare nessuno, mettono in pratica quello che molti lavoratori avrebbero voluto fare ma che non possono fare, limitandosi a insultare Bonanni davanti alla televisione.

Altro che abbassare i toni, qui i toni sono da accendere al massimo volume! E’ semplice per politici, opinionisti e sindacalisti patinati fare i discorsi che abbiamo letto sui giornali che richiamano al confronto , alla pacatezza, a tante belle parole. Ci dicono anche che così si rischia di rispolverare la figura del nemico o non quella di semplice avversario. Certo per chi fa parte della stessa cricca è normale che chi schiaccia o collaborare a schiacciare sotto i piedi i tuoi diritti minimi sia solo un avversario, come in una partita a briscola. E se gli devi dire qualcosa, glielo devi dire con gentilezza e abbassando i toni. Per noi non è così, crediamo ancora che esistano le categorie dei nemici, e questo mondo ce lo dimostra giorno dopo giorno, e siccome non partecipiamo a un torneo di carte, ma la partita è la vita di tutti, indichiamo e avversiamo i nemici. Siamo di parte, e lottiamo per una parte sola di questa società: quella che lavora o non lavora, che è sottomessa a chi comanda e chi governa, quella delle fabbriche che chiudono e non sa come arrivare a fine mese. Padroni, proprietari, sindacalisti di mestiere, politici di professione, pennivendoli al soldo dei propri editori sanno far valere le loro ragioni molto bene!

Al resto delle considerazioni non diamo neanche spazio, il ritorno degli anni di piombo, la violenza estrema, lo squadrismo e tante altre parole le lasciamo al vento assieme a quelle tante altre che sentiamo in tv tutti i giorni. Avessimo mai sentito dire a Bersani parole del genere nei confronti degli squadristi veri, dei fascisti in doppiopetto, degli imprenditori delle varie cricche allora potremmo anche prenderle in considerazione.

centro sociale Askatasuna

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